Parmigiani adottivi ai fornelli è una rubrica per raccontare le tradizioni gastronomiche e culinarie dei non parmigiani. Proviamo a spiegarlo meglio… Parmigiani adottivi ai fornelli è una rubrica per aprire finestre sulla città, un pretesto per creare relazioni e conoscenza usando il cibo. Immaginate Parma di sera, le strade illuminate dalle luci delle finestre. In intimità dietro quelle luci soffuse qualcuno prepara dei piatti.
Parmigiani Adottivi ai Fornelli aprirà a turno quelle finestre ed aggiungerà un posto a tavola: il vostro. La rubrica ospiterà chi vuole raccontarsi tramite il cibo. Se volete partecipare, contattateci!
Noi da sempre lo crediamo: Parma (is) More than Food…
La modenese con le tigelliere nell’armadio
Sono arrivata a Parma a 19 anni, e subito mi sono insediata in Oltretorrente. Ho sempre vissuto in questo quartiere, salvo una breve parentesi in viale Campanini. Da anni abito in un interno di piazzale Inzani, e mi sento una Parmigiana Adottiva di lungo corso!
Da che ho iniziato la vita qui, di mio avevo già passione per i fornelli. In tavola ho due nature – quella che mi discende di nascita, e quella di origine: sono nata e cresciuta a Fiorano, da mamma e babbo pugliesi.
A dire il vero – visto che la mamma è arrivata qui giovane – la cucina di casa era praticamente del tutto emiliana. La cucina della Puglia l’ho trovata via via nel tempo, come probabilmente nel tempo l’ha recuperata mia mamma stessa. Quella che preparo a casa è quindi una cucina emiliana con più di una comparsa di ricette pugliesi, per dare una definizione. Tra le ricette della Puglia insegnate dalla mamma e che faccio spesso nomino i carciofi ripieni e la pasta con i broccoli e la pancetta. Ma oggi parlo delle tigelle, piatto bandiera della cucina modenese, che ho fatto per l’occasione!
Il nome corretto e originale è crescentine, come sono ancora chiamate nell’appennino modenese – la tigella è piuttosto il nome dei dischi di terracotta tra cui si cuocevano tradizionalmente queste “focaccine”. Una volta scese dalle montagne, per estensione dello strumento, le crescentine sono diventate tigelle praticamente in tutto il resto della provincia – ma i montanari storcono e storceranno sempre in naso al nome improprio!
La mia preparazione è probabilmente diversa da quelle che si trovano più spesso nei ristoranti modenesi. Alla maniera in cui le ho imparate, si devono servire croccanti all’esterno ma gonfie e morbide all’interno! Il segreto di famiglia lo rivelo senza problemi: l’impasto delle tigelle è esattamente quello del pane – ma io per la parte liquida metto solo metà acqua, e l’atra metà latte.
Lo strumento di cottura delle “focaccine” – la tigelliera – è uno stampo di ghisa abbastanza imponente e pesante. Una volta che mi sono stabilita a Parma ho comprato il mio set di due tigelliere: una da sette e una da quattro. Per gestione degli spazi domestici, il loro posto è nell’armadio!!
Veniamo a come si accompagnano le belle “focaccine”, servite fumanti. La morte delle tigelle è il lardo pesto. Che nella tradizione modenese si differenzia da quello parmigiano: a Modena al lardo si aggiunge un battuto di pancetta, aglio e rosmarino. È quindi tutto diverso dalla pestata classica di Parma.
Si apre in due la tigella bollente, la si spalma di lardo pesto, si ricopre con generosa mano di parmigiano, si richiude e via. Tutti gli altri abbinamenti – stracchino e rucola, mortadella, crudo – sono varianti introdotte nella modernità: per non sbagliare stasera a tavola c’è tutto!
Tra cui… una variante di accompagnamento esclusiva di mia mamma, che ha preso l’abitudine di accompagnare le tigelle con le salsicce in umido, a base di luganega e verdurine. È una variazione di famiglia che è diventata un nostro piccolo classico.
Quello che amo della tigellata è la modalità “libera” del pasto. Per come vanno intese le tigelle, non richiedono un ordine di portata specifico, o un numero di porzioni decise dalla cuoca. Ognuno decide cosa e quanto vuole mangiare, e in che ordine. In trattoria le tigelle si possono ordinare come antipasto o averle servite per secondo. A casa arrivi a tutto spiano fino al dolce: basta pulirsi la bocca e passare a una buona crema di nocciole, come ho pronta questa sera.
E per non sbagliarsi bisogna sistematicamente abbondare. Oggi siamo in sei e le tigelle sono 87 ricavate impastando 1,6 kg di farina.
Viva l’abbondanza… e l’indomani sono buonissime da colazione (se la parte maschile non farà terra bruciata totale stasera).
Francesca D’Onofrio