Prendere un Caffè in Italia ( ed a Parma) è un’azione semplice dalle tante sfumature. Una pausa da qualcosa, un momento di condivisione con amici, con sconosciuti, con il barista..
“Ah che bell’ ‘o cafè
pure in carcere ‘o sanno fâ
co’ â ricetta ch’a Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà”
(Fabrizio De André)
Per alcuni, la pausa caffè è una coccola dedicata a se stessi, un momento di riflessione, di lettura. Un tempo i bar erano dei luoghi di ritrovo, ed è così ancora in tutta la penisola da Nord a Sud. Chiacchierando con i turisti stranieri, davanti un caffè appunto, abbiamo appreso che non è così in tutte le parti del mondo.
Siamo venuti a conoscenza che ciò che apprezzano molto di noi è il nostro rapporto con il cibo, con la bellezza in generale e con la pausa caffè. In che senso? Secondo i turisti gli italiani al bar si fermano non solo a prendere per prendere un caffè, un cappuccino o una brioche ma spesso per conversare.
Ecco sembra un’affermazione ovvia agli italiani, ma non lo è. Pensateci un attimo. Per gli italiani prendere un caffè è un’abitudine radicata, pause- pranzo, cene e caffè sono momenti di unione e condivisione. Questa abitudine, sta diventando sempre più impopolare, ma resiste… Dopo aver letto questo articolo, italiani, ritornate nei bar, chiacchierate, sorridete e fate onore ai nostri piccoli “riti italiani”.
Ecco 5 motivi per prendere un caffè in Italia e a Parma…
1.
Il barista
Non si può dir di no. In Italia ed a Parma non è difficile attaccar bottone con il barista anche se non vi accoglie spesso con un sorriso. Provare per credere, non siate timidi! Credete che sarete sempre accolti con un sorriso? No ma non è difficile chiacchierare con colui che vi prepara il caffè, non lasciatevi ingannare dalle apparenze. Nella foto tipico esempio di barista sgruso ( se volete incontrarlo recatevi al BAR CRISTALLO in centro a Parma).
2.
Un posto pulito, ma illuminato bene
Un posto pulito è un caffè, ma è anche qualcos’altro come scriveva Hemingway… ( Negli anni Venti Ernest Hemingway era agli esordi della sua carriera letteraria e viveva tra Toronto, Parigi e New York. Il racconto che vi proponiamo venne pubblicato in rivista nel 1926 e successivamente incluso nel volume Chi vince non prende nulla.Il posto pulito è un caffè, ma è anche qualcos’altro. È uno spiazzo sotto un albero, è il vecchio ubriaco e distinto che vi siede sotto. È il bancone tirato a lucido. Attorno, vola una conversazione tra due camerieri, uno giovane, l’altro anziano. Per saperne di più: www.bergamopost.it/rubriche/i-grandi/hemingway-racconto/)
3.
Due chiacchiere con sconosciuti
Non avete mai notato quante persone aspettano di proferire parola? Si inizia dai luoghi comuni e se siete fortunati si può divagare in altro. Se tutto va male avete trascorso la vostra mezz’oretta in compagnia e se diventa abitudine, quegli sconosciuti diventeranno conoscenti e via discorrendo…
4.
L’aroma di una buona miscela
No, non scherziamo, volete mettere l’aroma di un buon caffè italiano che vi pervade? Tenete sempre ben presente che un vero bar italiano ha anche lo stile, l’arredamento e via discorrendo. Un bar è sempre un osservatorio privilegiato per conoscere una città!
5.
Il prezzo
Il prezzo deve essere max 1€. Sembrerà banale, ma il prezzo non lo è!
6.
La Gazzetta di Parma (se siete a Parma…)
In ogni bar italiano che si rispetti c’è sempre un quotidiano, che cambia a seconda della città.
[Momento confessione causa ricerca di un pretesto]
E poi il pretesto. Sono sincera. Cerco sempre un aneddoto, un dettaglio, un banale motivo per raccontare Parma e la bellezza di questa città. Leggete cosa ho trovato mentre andavo a caccia di pretesti….
Il Casino del Petitot, primo Bar d’Italia ( si racconta che fosse il primo ma è da verificare…)
Il Casino del Petitot, fu progettato da Ennemond Alexandre Petitot a spese del Duca don Filippo di Borbone, e cominciò ad essere eretto il 22 ottobre del 1762.
Era un luogo di ritrovo e di conversazione dove era possibile gustare il caffè e che offriva anche rinfreschi. Questo bar prendeva spunto dai grandi caffè di Milano e di altre città italiane, sviluppatisi nel ‘700, quando i luoghi d’incontro divennero pubblici e non solo salotti privati.
Come affermava Pietro Verri: “in essa bottega primieramente si beve un caffè che chiunque lo prova bisogna che per almeno una mezz’ora diventi uomo ragionevole. Vi si respira un’aria sempre tepida e profumata che consola […] chi vuol leggere trova sempre i fogli di novelle politiche […] per fine si radunano alcuni uomini, altri ragionevoli, altri irragionevoli, si discorre, si parla, si scherza, si sta sul serio”.
Qui circolavano e si diffondevano le nuove idee illuministiche.
Il Casino del Caffè di Petitot non era così culturalmente importante ai tempi, ma era molto frequentato dai signori di Parma. Antonio Sgavetti, il barbiere autore di una cronaca parmigiana di quel tempo, ricorda alcune serate: il 13 luglio 1764.
“Questa sera di venerdì si fa sul terrazzo del nuovo caffè sul stradone, ci sarà una cademia di suoni”;
“Sua altezza reale [don Ferdinando di Borbone] anderà al stradone dove ci sarà il gran mondo e verso sera avrà il divertimento de fuochi artificiali, industria di chi vende sorbetti, limonate, caffè che è Giovanni Gamboni”;
24 giugno 1768
“Sua Altezza è sortito andando sullo stradone il corso maggiore dove ci sarà al caffè fuochi e concorso di memorabile popolo verso le 9 delle sera ed è probabile ci resti a vedere s.a.r. le pazzie del canditiere Gamboni le quali cose fa per spaciare sorbetti”. Gamboni, caffettiere splendido, morirà poco tempo dopo la cacciata del Du Tillot.
30 maggio 1769
Ora dopo aver letto il post, spegnete il pc uscite fuori e ricordate di onorare i “vecchi riti italiani”. Prendete un caffè alla vecchia maniera.
Fonti:
( http://www.storiadiparma.it/wp-content/uploads/2010/05/MUP_STORIA_DI_PARMA_Petitot_e_du_Tillot_IST_TOSCHI_2010.pdf)