La storia della città di Parma risale al XVI secolo a.C. dal Terramara un villaggio a palafitte. Il più antico rinvenimento archeologico nel Comune di Parma risale al 1847, oltre un secolo e mezzo fa. Da quel giorno ad oggi sono stati scoperti quasi 700 contesti archeologici e sono stati realizzati oltre 500 scavi archeologici, la maggioranza dei quali solamente dal 1990 in poi. I più antichi tra questi rinvenimenti risalgono al Neolitico, cioè a circa 7.000 anni fa, ben 5.000 anni prima della nascita di Cristo e oltre 2000 anni prima della costruzione delle grandi piramidi in Egitto.
Per quel che invece riguarda la storia della città di Parma, il più antico villaggio noto risale all’Età del Bronzo medio e recente, cioè al XVI secolo a.C. Si tratta di un terramara, cioè un villaggio palafitticolo tipico di quel periodo storico e presente in tutta l’Emilia Romagna centro-occidentale.
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Sono numerose le terramare note nel territorio del Comune di Parma: a Quingento, a Vicofertile, a Fraore, a Marano, a Gaione, a Cornocchio, a Beneceto e a Ravadese.
I villaggi erano di forma generalmente quadrangolare e delimitati da un fossato, nel quale scorreva acqua derivata da un vicino fiume o canale, e da un terrapieno.
Il nome terramare deriva da terra marna (dal dialetto emiliano = terra grassa) con riferimento alla terra di colore molto scuro, tipica dei depositi archeologici pluristratificati, cioè formatisi attraverso i secoli con il sovrapporsi delle abitazioni che venivano ricostruite una sull’altra. Questi depositi archeologici formavano delle piccole colline alte fino a 5 metri, che costituivano ancora nel XIX secolo un tratto caratteristico del paesaggio padano. Nel corso dell’Ottocento queste collinette furono in gran parte distrutte dall’attività di cava volta al recupero del terreno, che veniva venduto come concime. Il termine andò poi in disuso con la dismissione di queste cave e rimase ad indicare solamente i villaggi dell’Età del Bronzo.
La terramara scavata a più riprese sotto il centro storico di Parma si trova in un’area grossomodo compresa tra Stradello S. Girolamo e il cortile del Convento di Maria Luigia. Si tratta di uno dei primi siti terramaricoli in cui vennero eseguiti scavi archeologici, già nel lontano 1864 e successivamente nel 1907. Queste prime indagini portarono all’individuazione, a 3 m di profondità dal piano stradale attuale, di un doppio ordine di pali lunghi tra 2 e 6 m, molto numerosi e fitti tra loro.
Scavi più recenti, eseguiti circa quindici anni fa, hanno fornito nuovi dati: sono stati messi in luce ben 25 pali del diametro di 10-15 cm, in gran parte in quercia e olmo, e 4 travi poste di piatto; i pali avevano la punta infissa in un fango lacustre. In base a ciò, è probabile che la terramara di Parma abbia avuto le caratteristiche di una vera e propria palafitta estesa in parte all’interno di una palude e in parte all’asciutto sulla sponda.
I dati indicano che l’insediamento dovrebbe essersi sviluppato nella media età del Bronzo (XVI e XV secolo a.C. – circa 3400/3500 anni fa) ed esser proseguito fino al Bronzo recente (XIII secolo a.C. – circa 3300 anni fa). In quest’arco di tempo la terramara venne molto probabilmente ristrutturata più volte in alcune sue parti: da qui la particolarità della palificata che presentava un doppio, e forse anche triplo, ordine di pali.
In relazione al villaggio terramaricolo, in Piazza della Macina è stata identificata anche una necropoli formata da tombe a incinerazione, dove sono state recuperate alcune in urne cinerarie. Questa necropoli venne purtroppo distrutta nel 1967 durante lavori di scavo per la realizzazione di un ascensore.
Molti dei reperti archelogi finora rinvenuti nella terramara e nella necropoli sono ora visibili all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Parma.
A cura di Giulio Bigliardi